Senza andare a analizzare la legge in proposito, i rigidi limiti temporali e i casi clinici, non credo sia facile abortire. Anche se dal 10 Dicembre 2009 in Italia è stata introdotta la RU 486 - la famigerata pillola abortiva. Non credo ugualmente che sia facile, anche se si tratta di ingurgitare una pillola e stare ad aspettare invece di stare sotto i ferri.
E mentre in Italia la Chiesa Cattolica scalpita -come se, appunto, la RU 486 potesse far aumentare il numero di aborti per semplicità di deglutizione, in America una ventisettenne racconta il suo aborto su Twitter, per "sdrammatizzare" l'aborto. Ha scritto dei suoi crampi e del suo sanguinamento a una ampia platea di Netizen dediti all'uso di Twitter.
Ora, al di là delle scelte personali, al di là della legge, non c'è niente di poco drammatico in un aborto. Altrimenti non esisterebbero consultori, psicologi nelle sale d'aspetto e movimenti pro e contro, tutt'oggi - che la legge per l'aborto esiste da anni. Le donne non sarebbero obbligate ad avere un colloquio per spiegare le ragioni della propria scelta a un dottore. E questo non sarebbe obbligato a rimandarle a casa a "riflettere" per una settimana dopo questo colloquio.
Non per questo non bisogna parlarne: delle cose dolorose, forse più che di quelle felici, bisogna sapere. Bisogna che le ragazze e i ragazzi di questo Paese -e non solo- siano educati alla sessualità, oltre che alla contraccezione: non basta dar loro in mano un preservativo per farne degli uomini e delle donne. Mi domando però se non sia offensivo per la delicatezza stessa della situazione "sdrammatizzare" in questo modo - con un racconto su Twitter - un'interruzione di gravidanza.
Forse no. Forse è sdrammatizzante digitare su una tastiera i sintomi dati dal farmaco, invece che confidarli a qualcuno in carne e ossa -o forse è "inumanizzante". Forse è più semplice "non affrontare" la cosa, depositandola on line agli occhi indiscreti della gente, trincerandosi dietro uno schermo, dietro le parole, piuttosto che guardarsi allo specchio e cercare di vincere la paura e l'angoscia di un aborto. Chissà se la Jackson avrà pianto - e chissà se qualche suo compagno virtuale in questa brutta avventura se l'è chiesto oppure no. Stiamo diventando "virtuali" anche nella vita reale.
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