martedì 28 giugno 2011

Teatro scritto


Non ho mai scritto di me. Ho sempre pensato che non fosse interessante, e in effetti non lo è. A questo punto però mi sembra importante parlare su questo blog, almeno in parte, di quello che faccio, vista anche la natura dei post che ho intenzione di pubblicare nei prossimi mesi.


In questi giorni sto leggendo molto teatro. Ho deciso di partecipare a un concorso per autrici e, non avendo ancora uno stile personale ben definito per questo genere - finora ho scritto interamente solo 2 gialli - il miglior modo per "allenarmi", soprattutto perché si tratterà di scrivere su commissione, è leggere, leggere, leggere. Cose diverse, autori diversi, di epoche diverse. E soprattutto rimanere colpiti o meno, fare delle riflessioni su come quel passaggio sia meno efficace di quell'altro, di quanto due situazioni simili vengano risolte in maniera diversa da due autori che sembravano vicini, e invece in maniera del tutto simile da altri che niente li accomuna. Insomma, un bel viaggio, un bello studio intensivo. E io adoro lo studio intensivo. Lo preferisco su tutti, perché mi dà l'opportunità di concentrarmi a dovere.


Non che non abbia mai letto il teatro. Ho cominciato al liceo, chiaramente con i classici, dai greci fino a Shakespeare. Poi ho ripreso circa sei anni fa, quando gli incontri della vita mi hanno dato modo di guardare da vicino il mondo del palcoscenico teatrale. È lì che il teatro ha perso per me tutto il suo misterioso fascino, e lì ho cominciato a pensare che avrei potuto sedurlo, che era "alla mia portata". 
D'altra parte, cosa non lo è? Basta smetterla di criticare le cose fatte dagli altri, e cominciare a farle come crediamo debbano esserlo. Ecco, l'ho scritto. Sono bastate due righe. Ma per arrivare a pensarlo ho dovuto riempire la memoria del mio computer di frasi, articoli, spezzoni di dialoghi, racconti, fiabe. Ho scritto davvero di tutto. Quello che riguarda il lavoro giornalistico è stato pubblicato. Tutto il resto, per ora, è sparso senza alcun ordine in cartelle varie, fogli di carta, quaderni e agende di vario genere mai usate per lo scopo per il quale sono state inventate. 


Soprattutto, ho studiato. Non c'è riga che io abbia scritto che non sia ragionata, che non provenga da una ricerca, uno studio, un libro letto, un reportage visionato, una storia ascoltata, una fonte verificata in qualche modo. Non c'è cosa che io legga che non colleghi a qualche altro fatto nel mondo, alla notizia del mese prima o dell'anno precedente, alla dichiarazione o la votazione in Parlamento. Solo ora capisco perché mi dicevano che ci voleva tempo per capire dove va il mondo. Ora so dove va. Il che mi ha fornito una visione amara, ironica e sarcastica della vita ma mi ha anche dato gli strumenti di analisi per comprendere quello che sta succedendo, e quello che succederà. È il valore aggiunto che dà al mio tempo, e ad ogni mio lavoro, l'essere una giornalista


L'unico momento in cui riesco a distrarmi dalle cose del mondo è quando faccio fotografie o montaggi. Per me è come raccontare fiabe, come fuggire, finalmente, dalla realtà, dalle leggi della fisica e della ragione. Ma questa, è un'altra storia.



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