Di poco tempo fa la "notizia" della chiusura della imprese in tutta Italia. "Mille al giorno", come si è sentito tuonare dalle colonne dai giornali, sottolineando però che il saldo sarebbe positivo. Magra, magrissima consolazione che, a ben vedere, una consolazione non è.
Innanzitutto perchè il famoso saldo sarebbe ridicolo: un +0,31% che non fa contento nessuno. In secondo luogo perchè insieme all'edilizia, che è un settore morto quanto quello dell'auto e come questo in ogni caso destinato a un fortissimo - inevitabile e anche auspicabile - ridimensionamento in pole position tra le imprese più colpite ci sono l'artigianato e l'agricoltura. Il primo per anni ha rappresentato una delle eccellenze italiane, il secondo è fondamentale per la sicurezza alimentare. Sembra un discorso fuori dal tempo, ma in buona parte il ritorno alla terra che interessa il nostro Paese (nel 2012 i giovani agricoltori sono aumentati del 4,2%), per il Bel Paese significa, assieme al rifiuto dei mestieri tipici del nostro tempo come il lavoro operaio o impiegatizio, proprio questo.
Chi si è messo alla guida delle aziende, tanto da far registrare un trend positivo? Giovani under 35, immigrati e donne: le frange più deboli della società, che di solito sono costrette ad arrabattarsi per poter lavorare, figuriamoci in tempo di crisi. Diventano imprenditori di se stessi e si riscattano? Può darsi, e magari in qualche caso è proprio così.
Altre due cose che stonano sono la ormai palese crisi delle professioni e la teoria della voglia di fare impresa che secondo alcuni sarebbe sempre più forte tra i ragazzi. Architetti, Ingegneri, ma anche commercialisti e avvocati sono sempre meno. O meglio, sono sempre meno i giovani che riescono ad affacciarsi a queste professioni e a restarci dentro. Aprono partita iva, cominciano a lavorare e in breve rimangono inevitabilmente schiacciati dal reddito troppo basso e le tasse da pagare. Tutto questo a fronte di quello che sembrava un vero e proprio exploit delle imprese giovanili, iscritte col regime de minimi al 5% che sulla carta doveva servire a sostenere l'imprenditorialità giovanile mentre nei fatti è una scorciatoia per far lavorare nelle aziende i ragazzi, sottocosto e senza alcuna tutela. Accanto a loro, anche chi non fa parte di alcuna professione ma lavora comunque nelle stesse condizioni - legge Fornero o meno: proprio giovani under 35 e donne, in qualche caso anche immigrati.
Sono queste buona parte delle "imprese" che hanno aperto nel 2012: specchietti per le allodole.
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