Ci sono
volte in cui nemmeno “sbattere la notizia in prima pagina” può bastare. Quante volte chi non si ferma alla prima pagina dei
quotidiani più quotati si sente un pesce fuor d'acqua anche solo a
parlare "del più e del meno" al bar sotto casa? Peggio ancora, quante
persone si allontanano scrollando la testa dagli incontri in cui a
parlare non è la propaganda politica ma una voce fuori dal coro,
dell'Informazione con la “I” miuscola? E la tendenza non si esaurisce
nel nostro giardino.
Sono anni che Alain de Benoist definisce
l'Europa come incapace di definire la sua identità, pronta a uscire
dalla storia per diventare un pezzo di storia altrui – quella
statunitense. Il vecchio continente sarebbe "nell’utopismo e
nell’incoscienza di sé" e la sua colpa in primo luogo quella di essersi
dimenticato di essere potenza sovrana prima di un mercato a modello e
guida degli Stati Uniti d'America. E non è ancora la cosa più grave. Era
il 2010 quando Marco Della Luna scriveva “Oligarchia per popoli
superflui” e teorizzava la nascita di una massa inutile per il sistema
economico perchè non integrabile, disoccupata e, soprattutto, fuori dal
meccanismo del consumo – vero agnello d'oro per le masse idolatre create
a immagine e somiglianza del sistema di sviluppo nel quale siamo
costretti a vivere. Si tratterebbe a conti fatti di tutti quelli che non
hanno un reddito e la cui esistenza non è che un fastidio per la
politica e l'economia. I più audaci teorizzano guerre o epidemie
provocate ad hoc per far calare il volume di questa massa, i più
smaliziati l’erogazione pubblica di sussidi minimi di sostentamento a
livello necessario e sufficiente a perpetuare il sistema di consumo. In
entrambi i casi una massa così impoverita avrebbe tutte le ragioni
economiche per ribellarsi all'ordine costituito. La Storia insegna però
che sono motivazioni culturali e sociali quelle che permettono di
ribellarsi e prima ancora di riconoscere l'ingiustizia: ecco che la
dittatura del mercato e dell'economia abbandona queste stesse masse, che
ha privato di tutto il resto, alla loro incapacità di reagire. In pochi
riconoscono le responsabilità del sistema economico e politico in vita
in questo momento per la situazione che si sta palesando: anche la
disoccupazione e l'indigenza vengono considerati semplici incidenti di
percorso. Si dà la colpa al governo che è stato al
potere il giorno prima, alle politiche Europee e anche a una crisi
economica di cui non si comprendono a fondo le cause, convincendosi che
presto o tardi "tutto si sistemerà", e soprattutto senza rendersi conto
che fa tutto parte dello stesso puzzle: le leggi statali, l'Europa, le
banche e lo Spread.
L'individualismo proprio del sistema
capitalistico fa il resto: ognuno, dimenticandosi che di fronte a un
mostro del genere si può sopravvivere solo in comunità, anela di
partecipare alla cuccagna, spera in una “ripresa” che però al massimo
permetterà di trovare un lavoro – per lo più salariato – al limite della
sopravvivenza, sicuro che il sistema sia in qualche modo “giusto” e che
il lavoro rimanga l'unico valore. La difficoltà di vedere è
diventata cecità: non si riconosce alcuna alternativa al sistema attuale
e, in mancanza di prospettive, non solo "l'utopia" che dà speranza, non solo la ribellione ma anche la
stessa consapevolezza di vivere in un'ingiustizia sono impossibili. Non
finisce qui: questa incoscienza è così diffusa che schiaccia,
ridicolizza e avvilisce qualsiasi tentativo di riscatto – così come il
sistema si difende da qualsiasi tipo di cambio politico che possa
mettere a rischio le sue basi economiche, inserendolo nel mercato.
Intanto
protagonista di una brutta pagina di cronaca è un ragazzino di soli 14 anni. Passeggiava in galleria, a
Napoli, quando un cornicione è caduto sulla sua testa. Di certo non
poteva sapere sarebbe accaduto. Qualcun'altro però si era sicuramente
accorto – o comunque avrebbe dovuto – che si trattava di un grosso pezzo
di marmo che sarebbe venuto giù, un giorno o l'altro. Forse ha pensato
che la sorte avrebbe fatto in modo restasse lì, al suo posto.
L'incoscienza generale, questa incredulità sullo stato delle cose, sulla
nostra anche personale deriva culturale e sociale prima ancora che
economica, questa abdicazione totale e incondizionata alle ragioni
dell'economia lascerà che la “crisi” e la sua “politica” produca
indisturbata i suoi effetti. E' quel cornicione lasciato lì,
pericolante.
Sara Santolini
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