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DA LEGGERE
#UNIONICIVILI E IL MONDO ETICO E SOCIALE
L’ambito giuridico delle Unioni Civili è in corso di modifica sensibile anche nel nostro Paese. Non è affare di poco conto, o che riguard...
venerdì 25 gennaio 2013
Chavéz su El País
Ieri mattina El País ha pubblicato in prima pagina una foto - che la occupava quasi tutta - che sarebbe dovuta essere di Chavéz. La foto ritraeva un uomo sud americano, sdraiato su quello che sembra un lettino d'ospedale e intubato. Sorvolando sul cattivo gusto di pubblicare in ogni caso una foto che, almeno secondo la sensibilità europea, è in ogni caso lesiva della dignità della persona - e che dunque non vedrete su questo blog - inutile dire che non si trattava di Chavéz: l'immagine è stata cancellata dal sito del giornale una mezz'ora dopo la sua pubblicazione e migliaia di copie di El País sono state ritirate dalle edicole.
Ammessa e non concessa la buona fede del giornale, l'ossessiva attenzione per le condizioni di salute di Chavéz la dice lunga sul valore della comunicazione. Perché pubblicare una foto del genere? Le soluzioni sono due: o si vuole dare per forza la notizia dell'imminente dipartita del leader venezuelano, oppure l'informazione è ormai scesa al rango del mero gossip. Difficile dire quale delle due opzioni sia auspicabile.
Nel primo caso, senza negare che le condizioni di Chavéz siano gravi - chi, avendo un tumore, non lo sarebbe? - El País fa il gioco degli USA, incontenibili oppositori di un governo che non si piega alle sue necessità economiche. Sarebbe utile infatti per gli Stati Uniti che la popolazione venezuelana, orfana del padre della sua rivoluzione, finalmente si rendesse conto che non può fare a meno di quel capitalismo, quella mancanza di welfare, quell'apertura al capitale straniero proprio di ogni Paese "libero" - o liberalizzato - che ha già portato Stati Uniti e Europa alle estreme conseguenze della crisi economica.
Nel secondo caso, inutile dirlo, El País si può considerare alla stregua di un giornaletto lobotomizzante da leggere sotto l'ombrellone. Magari in agosto, quando troppo spesso anche il cervello è "in vacanza".
domenica 13 gennaio 2013
Roaming - Calendario del 2013
In tanti
si sono occupati di ricordare quello che è accaduto nel 2012, dalla rielezione
di Obama al conflitto in Siria.
Sicuri
che del 2012 ne abbiamo tutti le tasche piene, passiamo a una veloce carrellata
degli appuntamenti principali del 2013, commentandone qualcuno di volata.
Innanzitutto
quello che per decisione del Parlamento Europeo sarà l'"Anno Europeo dei
Cittadini" - tanto per aggiungere al danno la beffa - sarà costellato di
elezioni e incontri al vertice senza dare alcuna possibilità alla popolazione
di riprendersi dalle difficoltà economiche, tranne in caso di grossi
sconvolgimenti di cui al momento non si vede traccia.
Gennaio:
elezioni in Israele, inaugurazione secondo mandato di Barack Obama
Elezioni
il 22 gennaio per Israele. L'alleanza tra il partito Likud del primo ministro
Benjamin Netanyahu e il ministro degli esteri Avigdor Lieberman, il partito
"Biberman", sembra destinata a ottenere largo consenso tra la
popolazione e a vincere largamente le elezioni. Questo nonostante ci siano già
tensioni interne, e alcuni personaggi importanti personaggi dei partiti in
questione non entreranno a far parte della coalizione perchè favorevoli a
quegli scambi territoriali con i palestinesi che poco concordano con la volontà
di costruire nuovi quartieri ebraici su suolo medio orientale mostrata dal
governo in carica.
In ogni
caso, visto che gli elettori israeliani hanno mostrato di premiare le politiche
di aggressione, è molto probabile che Netanyahu resti al suo posto. Ed è
altrettanto possibile che i rapporti con la Palestina, i palestinesi - e anche
l'Iran che gioca un ruolo fondamentale nello scacchiere mediorientale - non
siano destinati a distendersi.
Febbraio:
elezioni in Italia, primo Consiglio Europeo dei Capi di Stato e di Governo
dell'anno
Il 24 e
25 febbraio gli italiani verranno chiamati alle urne. Difficile dire come
andrà, anche perchè le liste in corsa aumentano e diminuiscono di ora in ora.
In questo momento è palesamente scontata la candidatura di Mario Monti, e
ancora sembra che si potrà scegliere anche tra Bersani col Pd, il "Rivoluzione
Civile" di Ingroia, il "Movimento 5 Stelle" e Silvio Berlusconi
che correrà per un non meglio precisato centrodestra.
Rimandando
le analisi specifiche ad altra sede, la cosa più "divertente" sarà
vedere come si sposteranno le alleanze, tra un centro che non esiste e un
centrosinistra in bilico tra l'appoggio a Monti e quello alle sue politiche, un
centrodestra che vive nell'ombra di Berlusconi e un elettorato sempre più
stanco. Come in Germania l'unica previsione possibile a livello di seggi è la crescita
esponenziale dei partiti estremisti, come risposta dell'elettorato alla
sostanziale infermità mentale della politica nazionale di fronte agli interessi
dell'Europa e delle lobby finanziarie - che ci sono scarsissime possibilità
muti.
Aprile:
elezioni in Islanda, G8 a Londra dei ministri degli Esteri
Non
sarebbe interessante parlare dell'Islanda, che ha meno di 320mila abitanti, se
non fosse che si è resa protagonista di una rivoluzione finanziaria senza
precedenti. Dopo aver deciso di non aiutare le Banche che ne avevano provocato
la crisi, il popolo Islandese ha nominato una "Consulta
Costituzionale" composta da docenti universitari, avvocati, giornalisti -
ma anche un sindacalista, un contadino, un pastore e un regista. Sulla bozza
stilata dalla Consulta è stata aperta una discussione durata più di un anno
attraverso internet per raccogliere le opinioni degli islandesi. La
Costituzione che ne è nata è ora al vaglio del parlamento che dovrà approvarla
entro le elezioni di primavera.
Chiunque
vinca le elezioni del 27 aprile in Islanda, la cosa davvero interessante è
vedere cosa ne uscirà subito prima in termini Costituzionali (e democratici):
l'Islanda sarà l'unico Paese ad averne una nata in modo collaborativo tramite i
Social Network. In più avrà dato un'ulteriore grossa lezione al mondo intero:
non solo resistere agli avvoltoi dell'economia internazionale si può, come si
può mantenere la coesione sociale evitando la triste "guerra tra
poveri" per un posto di lavoro; si possono imporre regole alla speculazione
finanziaria e riuscire a non gravare le casse pubbliche di debiti non contratti
dai cittadini ma dalle Banche. Chiaramente, a patto di esercitare la propria
sovranità.
Giugno:
elezioni in Iran, G8 in Irlanda del Nord
Si torna
alle urne in Iran, tra le pressioni internazionali per il programma nucleare e
un'economia che si regge soprattutto sulle esportazioni, soprattutto di gas e
petrolio.
A tali
elezioni, e all'atmosfera da campagna elettorale che ne consegue, sarebbero
legati gli ultimi provvedimenti del governo di Teheran, capeggiato da
Ahmadinejad. Da una parte è stato approvato un nuovo codice di abbigliamento
grazie al quale le donne non saranno più obbligate a portare lo chador,
dall'altra si è inasprito il rapporto con, in sostanza, gli USA e l'UE. La
"minaccia" è presto detta: se verranno applicate sanzioni economiche
all'Iran per bloccarne il programma nucleare, civile o militare che sia,
Teheran chiuderà il passaggio attraverso lo stretto di Hormuz. E, si badi bene,
quello stretto è interessato praticamente da sempre da un enorme transito
commerciale.
Insomma,
al momento le navi iraniane si esercitano nello stretto, Teheran mostra di aver
imparato anche a fare la guerra informatica diffondendo notizie sulle proprie
esercitazioni in merito, e le donne possono mettere qualcosa di meno
costrittivo di uno chador. Si tratta di tutto quello di cui sembra abbia
bisogno la classe media iraniana: distenzione interna e inasprimento con un
esterno che, a conti fatti, nel bene e nel male, cerca in tutti i modi di
controllare la politica di Teheran. In ogni caso, chiunque vinca le elezioni,
sarà difficile che tale politica subisca un brusco cambiamento, a patto di non
deporre la Guida Suprema dell'Iran, l'ayatollah Ali Khamenei, in carica
dall''89 e principale sostenitore delle dimostrazioni di forza del Paese.
Staremo a vedere.
Luglio:
la Croazia entra nell'UE (forse)
Il 1°
luglio è la data designata per l'ingresso della Croazia nell'Unione Europea.
Il
"forse" è d'obbligo, viste le critiche della Germania e della Francia
su tale accesso - e anche quelle che pian piano i cittadini croati stessi
cominciano a sollevare.
Chiaramente
la Croazia è un Paese con difficoltà economiche simili a quelle dei Piigs: la
disoccupazione è quasi pari al 18% e il debito pubblico è pari al 102% del Pil.
Ma all'Europa non sembra importare troppo: quello che le preme è che Zagabria
proceda alle "urgenti riforme strutturali" che, a parole, le possano
dare una maggiore stabilità economico-finanziaria. Resta da chiarire, a questo
punto e alla luce di quello che sta accadendo proprio all'interno dell'Ue,
quali siano i motivi per cui la Croazia ci tenga così tanto a farsi accettare e
questo anche se prima del 2015 di Euro non se ne parla nemmeno.
Settembre:
elezioni in Germania e in Norvegia
Cominciamo
col dire che molto probabilmente, e purtroppo, (anche) in Europa non cambierà
un bel niente. Le elezioni, che comunque per decenni non hanno significato
nulla per i popoli che le hanno celebrate, stavolta sono palesemente superflue.
Almeno nella misura in cui l'Unione Europea continuerà a dettar legge su tutti
i Paesi membri, ormai ridotti a semplici organi periferici. E ancor di più se
si riuscirà, come si è fatto finora, a convincere le popolazioni che il tipo di
politica economica che le sta rovinando è "necessaria",
"improrogabile" e "inevitabile".
Detto
questo, la Merkel, che pure è tra le prime fautrici della politica europea (e
statunitense) non ha molto da festeggiare. Finchè mostrava i muscoli ai Paesi
meno "virtuosi", come noi, e la Germania sembrava un'isola felice
inattaccata dalla crisi, era osannata nonostante i tagli alle pensioni e al
welfare. Poi cominciarono le manifestazioni contro il governo, visto che la
popolazione soffriva anche se i conti reggevano. Ma anche per quest'ultima voce
era solo questione di tempo. Ora, alle porte del 2013, l'economia tedesca
rallenta. Il 40% del pil della Germania, aveva già avvertito quel
"brav'uomo" di Draghi, dipende dalle esportazioni dall'Eurozona, così
come il 65% dei suoi investimenti esteri. E chiaramente, con il resto
dell'Europa in crisi quando non in recessione, anche la Germania doveva
risentire della congiuntura economica, prima o poi.
Grossi
problemi in arrivo dunque anche nell'area tedesca, che però Roubini - tra gli
economisti che previdero l'avvento della crisi già nel 2006 - valuta in maniera
poisitiva per la ricerca di una politica comune agli Stati Europei, a questo
punto tutti nelle stesse condizioni, per la sua soluzione.
La
realtà? A sfidarsi saranno Angela Merkel e Peer Steinbrück, che fu suo ministro
delle Finanze nelle fila del Spd. Sostanzialmente due proposte simili: la linea
politica di Steinbrück è in sintonia con la destra e con la stessa Merkel.
Quelli che potranno portare un minimo di innovazione in Parlamento sono i
partiti e i movimenti estremi che, non a caso, sono gli unici cui si prevede
una crescita: verdi, comunisti e piraten. Partiti che, se avranno i numeri e la
volontà di farlo, porteranno il Paese a una ingovernabilità totale, opponendosi
alla politica tedesco-europeista.
Ottobre:
G20 dei ministri delle Finanze a San Pietroburgo
lunedì 7 gennaio 2013
giovedì 3 gennaio 2013
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