lunedì 31 ottobre 2011

Indignati: la rivolta degli hashtags arriva in strada


La rivoluzione del peer to peer parte da una semplice tastiera. O meglio, da un singolo pulsante: il simbolo del cancelletto, quello che, sulla piattaforma network, precede una parola chiave interna ai messaggi postati su Twitter, che diventa così un hashtag, e che permette di accomunare i post che riguardano uno stesso argomento o di creare gruppi in funzione di un evento - quello che nel caso dell’enorme diffusione delle proteste che hanno avuto il loro culmine nel 15 ottobre Jeff Jarvis, professore di giornalismo dell’Università di New York, ha già chiamato Hashtag revolt ricordando che «no one owns a hashtag, it has no leadership, it has no organization, it has no creed»*.


Il movimento di protesta, ormai mondiale, degli Indignati ha in internet il suo mezzo di comunicazione ma prescinde da esso: sfruttandone le potenzialità di formazione e allargamento del gruppo tramite la condivisione di interessi o problematiche ne esporta al di fuori della comunità digitale i principi di libertà e eguaglianza.


Uomini, donne, disoccupati, studenti, lavoratori precari e pubblici: il 15 ottobre in piazza c’erano, infatti, proprio tutti. I grandi assenti erano partiti e sindacati. Da questo punto di vista è qui la vera novità: i manifestanti sono singole persone che, sfuggendo alla logica dei media di massa, decidono quale argomento trattare, per cosa indignarsi, quando e come protestare senza che ci sia un leader di partito, un sindacalista o un giornalista a decidere per loro cosa valga la prima pagina o per quale motivo e in quali termini sia conveniente scendere in piazza. Ed è questo, più di qualunque altra cosa, a far tremare i palazzi del potere, fino alle fondamenta.


Sara Santolini


* nessuno possiede un hashtag, esso non ha guida, non ha organizzazione, non ha credo




mercoledì 26 ottobre 2011

Sigle: Ghost Whisperer




Ghost Whisperer - Presenze è una serie televisiva statunitense di genere thriller e fantasy, ideata dal regista John Gray. Le vicende sono incentrate su una giovane donna, Melinda Gordon, che può comunicare con gli spiriti delle persone morte.


La sigla: simbolismo egizio
Le immagini mostrano Melinda in piedi davanti a un campo pieno di buche, dalle quali escono delle teste, riferimento alle anime che si staccano dalla vita terrena. 
Un'ape, simbolo egizio legato alla vita, si stacca da un fiore. L'immagine sfuma in Melinda che con le mani "apre in due" la sua immagine, come fosse una sagoma di cartone: riferimento chiarissimo alla dualità dell'anima per gli Egizi, che la vedevano divisa nel Ba e nel Ka. 
Due manichini vestiti di bianco avorio, rappresentanti un uomo e una donna in abito ottocentesco, aprono delle ali bianche da uccello, alla stregua degli angeli. Da queste ali si stacca una piuma, simbolo della Dea della Giustizia Maat, che nella religione kemetista fungeva da giudice della purezza del cuore dei defunti. Poi arriva l'immagine di una ragazza vestita in abito lungo nero, ancora di stile ottocentesco, seduta su una sedia davanti a un campo fiorito: è una scena sgranata, tendente al seppia. La ragazza è bendata e tiene in mano un fagotto, poi la benda si scioglie, il fagotto mostra al suo interno un frutto e la ragazza svanisce. Il riferimento stavolta è al velo che noi tutti abbiamo sui nostri occhi, che ci impedisce di vedere il mondo "vero" e che ci frena nel mostrare ciò che abbiamo al nostro interno. 
Poi un'immagine ambigua: Melinda ha accanto a se un bambino molto piccolo, si volta verso il bambino e lo guarda, mentre lui pare non accorgersi di nulla. Un riferimento forse alla reincarnazione? 
La scena successiva mostra un uomo che tiene in mano una foto ingiallita che sta bruciando, e che poi lascia cadere al suolo, citazione al "fuoco di rigenerazione", rappresentato in Egitto da uno dei molteplici poteri della Dea Iside. 
Una scala a pioli appoggiata a un muro di un sepolcro, in un ambiente lugubre, porta a un bosco in cui una valigia sospesa si apre e ne esce un'ape. Il nesso stavolta è con il concetto di "Portae Coeli" e di tramite tra Cielo e Terra, che ricordiamo è raffigurato nella Bibbia come una scala che sale verso le stelle, mentre la valigia simboleggia l'inizio di una nuova vita: è il bagaglio dei ricordi che svanisce quando ci si reincarna. 
L'ape uscita dalla valigia si unisce ad altre api che circondano una bambina che tiene a mani giunte un fiore rosso: le api ne formano il corpo e il vestito. Un'ape si stacca e finisce per posarsi sulla scritta "Ghost Whisperer", che evapora in una nuvola. L'immagine si sposta a destra e appare il volto di Melinda.
Il concetto delle immagini finali della sigla è un capolavoro di coerenza e di conoscenza dell'antica religione degli Egizi, perché in questa cultura l'ape è un animale sacro: gli alveari costruiti secondo precise leggi geometrice, la gerarchia sociale ferrea tesa al benessere collettivo e la produzione di oro liquido, il miele, secondo un procedimento non diverso da quello degli alchimisti rendeva l'ape un essere perfetto, un modello per l'Uomo. La sua reciproca dipendenza dai fiori rende l'ape un insetto indispensabile e il geroglifico che rappresenta il fiore significa "esistere". Senza le api, non ci sarebbe l'esistenza (come si evince dall'immagine della bambina con il fiore in mano); per questo il faraone veniva associato all'ape e la stessa parola che contraddistingueva l'ape, "bit", significava anche "buona azione". Come l'ape, anche il faraone era un alchimista obbediente alle leggi dell'universo e come un bodhisattva il suo scopo era quello di aiutare le anime a elevarsi e a "passare oltre" verso l'aldilà, il Duat, realizzando buone azioni.

martedì 25 ottobre 2011

Pugno duro per la Tav, guanti di velluto per gli evasori

da La Voce del Ribelle
di Sara Santolini

Lo avevamo previsto ed è puntualmente successo: la norma per la creazione di «aree di interesse strategico nazionale» inserita nel ddl Sviluppo serviva a bloccare le proteste in Val di Susa e a permettere di terminare i lavori per la Tav, costi quel che costi e che piaccia o meno alla popolazione.
Come si legge negli atti, allo scopo di «assicurare la realizzazione della linea ferroviaria Torino-Lione e garantire (...) il regolare svolgimento dei lavori del cunicolo esplorativo de La Maddalena, le aree ed i siti del comune di Chiomonte, individuati per l'installazione del cantiere della galleria geognostica e per la realizzazione del tunnel di base della linea ferroviaria Torino-Lione» le aree interessate dai lavori sono infatti state dichiarate di interesse strategico nazionale. E pertanto, in forza di questo riconoscimento, le sanzioni arrivano a prevedere il carcere: «fatta salva l'ipotesi di più grave reato, chiunque si introduce abusivamente nelle aree ovvero impedisce o ostacola l'accesso autorizzato alle aree medesime è punito a norma dell'articolo 682 del codice penale: arresto da tre mesi ad un anno o ammenda da euro 51 a euro 309, per l'ingresso arbitrario in luoghi ove l'accesso è vietato nell'interesse militare dello Stato».
Il pugno duro, però, il governo lo mostra solo con chi non vuole fare il suo gioco: nel contempo ci si accinge a regalare l’impunità agli evasori di tutta Italia grazie ai 12 condoni infilati qua e là tra le pieghe del decreto.
Nella bozza, inoltre, è stata inserita l'approvazione unica del progetto preliminare per le opere strategiche che permetterà al Cipe (Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica) di «valutare il progetto preliminare ai fini dell'approvazione unica dello stesso, assicurando l'integrale copertura finanziaria del progetto». Il che, in soldoni, si traduce nell’obbligo per il Ministero dell’Economia di trovare i fondi per tali opere. Prima di quelli per la scuola, per la sanità, per la cultura, per i trasporti.
Oggi tocca alla Tav. Domani, chissà, potrebbe diventare opera strategica il famoso, inutile e costoso ponte sullo Stretto tanto caro a Matteoli.

Sara Santolini

La zavorra delle elite

Aiuti e austerity non basteranno mai a risolvere la crisi del debito: il problema strutturale del paese è un inveterato clientelarismo, che impedisce le riforme e una distribuzione equa dei sacrifici.

Rens van Tilburg (da Presseurop)


I leader europei si preparano a dare l'ennesima risposta "definitiva" alla crisi dell'euro. Dopo le banche, anche i cinesi e gli americani, le cui monete non sono interessate da questi problemi, hanno cominciato a chiedere un rafforzamento del Fondo europeo di stabilizzazione finanziaria (Fesf).


Di certo nessuno vuole correre il rischio di un fallimento della Grecia. Resta però da capire se la via che i dirigenti europei hanno preso non rischia di essere ancora più pericolosa. Perché non viene mai evocato il vero problema della Grecia né tanto meno i possibili rimedi.


Questo problema è che nella società greca il posto di ognuno non viene determinato dal talento e dal dinamismo, ma dalle origini e dalle relazioni. Ovviamente nessuna società si basa interamente sulla meritocrazia o sul nepotismo. Ma mentre i Paesi Bassi, per esempio, sono soprattutto meritocratici, in Grecia è il nepotismo a predominare. Qui il potere e la proprietà sono così concentrati che le élite al potere riescono sempre a rafforzare la loro posizione.


Finché non sarò fatto qualcosa contro questo nepotismo, l'economia greca non sarà in grado di ripagare il suo debito. Anche se cancellassimo l'intero debito greco, il giorno dopo il paese chiederebbe nuovi crediti.


E chi pagherà il conto della prossima operazione di salvataggio per le banche greche? Garantire le economie strutturalmente deboli aumentando le capacità del Fesf non fa che aggravare i problemi futuri. I politici si lasciano guidare dagli stessi sentimenti che li hanno portati ad autorizzare la Grecia a entrare nell'euro anche se non rispettava i criteri necessari.


"Lasciare" la Grecia uscire dalla zona euro in cambio della cancellazione del suo debito ci toglierebbe un importante fardello finanziario. Ma questo significherebbe lasciare la classe media greca a confrontarsi da sola con il suo paese. Dovremmo piuttosto preoccuparci del benessere dei cittadini greci, che sono le principali vittime del caos amministrativo del paese.


La classe media greca è disposta a pagare le tasse, come tutti gli altri europei. Ma il cittadino greco medio non vuole più pagare, perché sa che lo stato farà subito scomparire il suo denaro nelle tasche degli amici. I soldi riversati nel paese negli ultimi anni hanno addormentato la popolazione greca: tutti hanno partecipato alla spartizione del bottino e i giovani più ambiziosi hanno lasciato il paese. Ma oggi la tensione sale e dare altri soldi non farebbe che ritardare un confronto sociale indispensabile al paese.


Interventismo democratico
La cosa migliore sarebbe schierarsi con il popolo, ma finora le elite sono state risparmiate e il peso dell'austerity è stato lasciato sulle spalle dei greci onesti. Questo perché la troika composta da Ue, Bce e Fmi non vuole immischiarsi nelle scelte di politica interna, e l'impegno a distribuire equamente i sacrifici è rimasto lettera morta.


La troika deve rinunciare alle sue reticenze: l'idea di riportare la democrazia nel paese che l'ha vista nascere non è forse un ideale europeo? Serve un trasferimento più radicale della sovranità greca per colpire i privilegi di questa elite che decide dove devono essere fatti i tagli. Se non si riuscirà a contrastare efficacemente il potere delle elite greche nessuna soluzione sarà possibile. Ma questo aspetto è sistematicamente ignorato da tutte le proposte europee.


Atene non è Baghdad, ma non dobbiamo minimizzare le difficoltà di creare una democrazia funzionante. Se non riusciremo in questo compito non sarà possibile trovare una soluzione alla tragedia greca. Al contrario della tradizione teatrale, un lieto fine è ancora possibile: ci vorrà molta determinazione da parte dell'Europa, ma soprattutto un grande senso della realtà. (traduzione di Andrea De Ritis)

lunedì 24 ottobre 2011

Simoncelli: morire a 24 anni (e a 240 km l'ora)


C'è una cosa che manca al cordoglio per la morte di Marco Simoncelli, morto giovanissimo durante una gara a Sepang. Ci sono i fiori e le lacrime, la disperazione dei genitori e degli appassionati del motociclismo. 


Manca il dubbio. La domanda cardine di tutto: perché un ragazzo debba morire per vincere una gara di velocità. Gare che non vengono mai messe in dubbio. Soprattutto visto che intorno al moto gp e similari girano fior di quattrini e non c'è morte e morale che tengano a questo mondo di fronte ai guadagni facili. 

Tutto rimandato a mercoledì.



Prima notizia: fino a Mercoledì non sapremo nulla. Prima supposizione: neanche Mercoledì sapremo nulla.
Seconda notizia: l'Italia rischia esattamente come la Grecia. Seconda supposizione: finiremo esattamente come la Grecia.
Terza notizia: la Spagna è fuori pericolo. Terza supposizione: presto la Spagna si troverà nella situazione dell'Italia.
E ora il bonus: l'Europa di sicuro, e forse il mondo intero, se la ride di Berlusconi.


di Valerio Lo Monaco
da La Voce del Ribelle

giovedì 20 ottobre 2011

L’indignazione “contagia” anche i Carabinieri


Che le modalità di protesta dell’Arma dei Carabinieri siano diverse, almeno in parte, a quelle degli altri indignati, è ovvio. Non fosse altro perché, per tradizione ma anche per legge, si tratta di un corpo da sempre rispettoso delle Istituzioni e dei loro rappresentanti - e che deve tenersi lontano dagli scioperi e dalla piazza a meno che di non avere in obbligo il contenimento di qualche protesta. 


Stavolta, però, i punti di contatto tra i celerini e gli Indignati che hanno fronteggiato sulle strade sono molti. E riguardano innanzitutto le motivazioni della protesta. Certo la polemica del Cocer (Consiglio Centrale di Rappresentanza dei carabinieri), il loro organo di rappresentanza che ha emesso un comunicato di protesta dal titolo “I nuovi indignati? I Carabinieri esterrefatti dall'ipocrisia del Governo Berlusconi”, prende le mosse dall’esasperazione sul lavoro raggiunta dal personale all’indomani degli accadimenti di sabato e in previsione delle prossime e numerose mobilitazioni. Certo la sua presa di coscienza della mancanza di sicurezza passa per la richiesta, innanzitutto, della «incolumità del personale in divisa». Ma, proprio come tutti gli altri indignati, anche i Carabinieri «sono stanchi di sottacere e di subire le imposizioni di un Governo che continua imperterrito a penalizzarli economicamente per giustificare i propri sprechi (auto blu con scorta, autisti/maggiordomi, segretari, vigilanze, etc)». 


E ancora in sostanza «i Carabinieri rimandano al governo le belle parole ed i ringraziamenti ipocriti»:


«Il governo taglia sulla sicurezza, ma non si dimentica di finanziare la festa delle Forze Armate del prossimo 4 novembre. È questo un governo impegnato a salvaguardare l'apparenza più che la sostanza: si sa, le foto ricordo durante queste manifestazioni possono valere più di cento parole, facendo percepire agli ignari cittadini una vicinanza al comparto sicurezza e difesa, di fatto inesistente»


«Alla nostra classe politica non interessa che durante questi servizi il Carabiniere il più delle volte non mangi, oppure lavori dodici ore continuative senza percepire straordinario e in condizioni a dir poco aberranti come ampiamente hanno dimostrato le immagini dei violenti scontri di piazza. A loro interessa solo tagliare le spese per questi servizi. Siamo nel pieno ciclone alimentato da una classe politica che pensa più che a salvaguardare, ad aumentare i propri privilegi»

mercoledì 5 ottobre 2011

Grecia, ministeri occupati dai dimostranti

L’Abruzzo taglia i vitalizi


Dalla prossima legislatura gli ex membri del Consiglio regionale d’Abruzzo non avranno più il vitalizio. Ieri mattina la Regione ha votato e approvato all’unanimità il progetto di legge che, visto che di tagli ai costi della politica si parla evitando sempre di agire, sembra quasi una cosa dell’altro mondo.
Ad oggi, i vitalizi che gli abruzzesi pagano ai propri ex Consiglieri sono 139, e ammontano a 5,7 milioni di euro l’anno, per una media di circa 41.000 euro. Ma la cifra è in ogni caso destinata a salire. I Consiglieri hanno infatti pensato bene di far partire l’esclusione dal vitalizio dai propri successori, quelli che prenderanno il loro posto nel 2013, e di rimanere gli ultimi beneficiari della vecchia norma. 
A parte l’Abruzzo dal 2013, solo la regione Emilia Romagna finora ha cancellato questo privilegio. Nel Lazio invece basta una sola legislatura di 5 anni e 50 anni d'età per avere un vitalizio. Pensare che addirittura in Parlamento bisogna arrivare almeno a 60 anni.

martedì 4 ottobre 2011

Barletta: minimo sforzo e maggior danno

Ieri è crollata una palazzina in via Roma, a Barletta. Il fatto in sé, senza nulla togliere alla gravità della tragedia delle famiglie delle vittime, sarebbe relegabile alla semplice cronaca se non fornisse l’ennesimo esempio di come vengono condotte le cose in Italia. 
L’indagine in corso dovrà capire di chi sono le responsabilità dell’accaduto, ma in buona sostanza sarà difficile decidere chi è responsabile di disastro e omicidio colposo. Parleranno tutti di casualità, di “stato dell’edificio” - pieno di crepe e a rischio da almeno un anno per l’abbattimento di una palazzina adiacente - non allarmante all’ultima perizia, che pure c’era stata la mattina stessa del crollo. 
Il problema è che non si tratta di un caso: in questo Paese le cose vengono fatte al minimo sforzo e al maggior danno. È stato così a L’Aquila, la città sempre in attesa di ricostruzione dove le macerie hanno messo a nudo metodi di costruzione a risparmio ed è ancora in corso il processo per omicidio, lesioni e disastro colposo. È così a Pompei, dove si perdono beni inestimabili ma non si investe seriamente in prevenzione e risanamento delle strutture da anni. Ed è così anche in tutte quelle scuole dotate di bagni e palestre inagibili e della totale mancanza di scale antincendio e uscite d’emergenza. Per questo quando Bruxelles chiede a ragione all’Italia di adeguarsi (addirittura) alla legislazione sull’efficenza energetica degli edifici - che significherebbe adeguarli a parametri di risparmio energetico, certificarli, controllarli e ispezionarli regolarmente - è come parlasse al vuoto.