sabato 31 dicembre 2011

Capodanno 2011


Fratelli d'Italia,


la nostra moneta è in mano a una banda degli onesti 
che rilascia ordini ridendo di quello cui ancora crediamo


Il nostro Parlamento pullula di schiavi di servi
padroni del nostro inutile destino


Le nostre scuole sono senza porte 
ma piene di finestre ben chiuse


Il nostro lavoro è usurato, sfruttato, malpagato o pagato affatto



I nostri eroi sono eterni adolescenti 
che corrono su un prato finto e scappano dalla finestra all'arrivo della polizia.


Le nostre piazze
le Nostre Piazze sono vuote.


Dov'è la coorte, dov'è l'elmo?


Sara Santolini

giovedì 22 dicembre 2011

Iraq: la visione di Obama

da La Voce del Ribelle:


Obama sull’Iraq ha mostrato di avere una visione che non può essere definita altro che lisergica. Salutando le truppe che rientravano in USA, ha dichiarato che la missione è stata un “successo straordinario”.
Solo l’assunzione di sostanze psicotrope, meglio se allucinogene, può spiegare un giudizio di questo tipo sulla fallimentare gestione del dopoguerra in Iraq e impedire di vedere la situazione disastrosa in cui versa il Paese, scosso da un conflitto religioso che semina vittime, di autobomba in autobomba che distruggono le poche cose rimaste in piedi, dopo un intervento “umanitario” che ha fatto raccogliere agli statunitensi ancor più odio.
Temiamo però che Mr. Nobel per la Pace non faccia uso di simili sostanze, ma ciò non va a suo merito: queste sarebbero l’unica scusa accettabile per una simile dichiarazione, altrimenti inqualificabile.


(fm)

martedì 20 dicembre 2011

La Fabbrica di cioccolato - un film di Tim Burton



La Fabbrica di cioccolato è un film del 2005 di tim Burton ispirato all'omonimo romanzo di di Roald Dahl, al quale si era ispirato anche Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato
un film del 1971 di Mel Stuart.


La pellicola di Burton è una favola. Meno facile è dire che si tratti di una favola per bambini. 
La morale che se ne trae è semplice, ma è rappresentata grottescamente e con una soddisfazione quasi crudele nel considerare le punizioni che merita chi pecca di ingordigia o superbia. 


Una favola nera a buon fine ben supportata da Johnny Deep, che impersona lo strano ed eccentrico proprietario della fabbrica abbandonato dalla famiglia e dall'insuperato conflitto paterno. Bravo anche Freddie Highmore, il ragazzino che interpreta Charlie Bucket e lo fa con la semplicità infantile che serve. Bello il mondo incantato, sia dentro che fuori la fabbrica, che rende verosimile volare con un ascensore di vetro, assaggiare il prato o i fiori come dolci, bere cioccolata da un fiume.
Brutti, invece, i piccoli operai provenienti da una landa lontana e sconosciuta, che dovrebbero accompagnare grottescamente la chiusura di ogni morale, ma che finiscono invece per sembrare scontati e noiosi. 
Nel complesso una bella storia da guardare a Natale con i bambini. Non troppo piccoli però.

Noi Nel Mezzo del 19/12/2011

giovedì 1 dicembre 2011

I fatti separati dalla morale


Giornali radio di ieri mattina: è successo questo ed è successo quello, e tra le altre cose è successo pure che abbiano arrestato il vice presidente della Regione Lombardia, accusato di corruzione per aver favorito lo smaltimento illegale di rifiuti pericolosi, e un giudice calabrese, indiziato di essere colluso con la ‘ndrangheta. 
Nulla di straordinario, verrebbe da dire. E infatti il tono degli speaker è del tutto neutro, fino alla perfetta indifferenza. Probabilmente glielo avranno insegnato, oppure lo hanno imparato da soli basandosi su quello che facevano gli altri prima di loro. Il cronista deve rimanere sullo sfondo, lasciando la ribalta alle informazioni. Come recita la formuletta classica, che secondo alcuni è la sintesi del miglior giornalismo, “i fatti separati dalle opinioni”. Significa, o dovrebbe significare, che i due piani non vanno confusi, in modo da lasciare libero il pubblico di valutare gli avvenimenti con la massima autonomia, senza essere influenzato dal punto di vista di chi ha dato le notizie e, nel darle, ci ha messo così tanto del suo da imporre la propria chiave di lettura a scapito di tutte le altre. 
La realtà è ben diversa: attenersi in modo rigido a quel principio è semplicemente impossibile, essendo ovvio che dai titoli in poi basta un nonnulla a indirizzare la percezione altrui. Inoltre, checché se ne dica, un’esposizione asettica non piace a nessuno. Gli imbonitori alla Emilio Fede sono certamente insopportabili, a meno di essere fatti della medesima pasta, ma l’alternativa non può essere la mera elencazione della Gazzetta Ufficiale. E la ragione è chiarissima: informarsi attraverso i media non è un’attività puramente razionale, che viene svolta col rigoroso distacco di uno scienziato, e il coinvolgimento è pressoché inevitabile. Si legge, o si ascolta, o si guarda, e ogni singolo impulso produce una risonanza interiore. Che in larga misura, benché i più lo ignorino (o lo rifiutino), attiene all’inconscio.
Teoria a parte, la realtà è che nel mondo della stampa l’orientamento emotivo non è affatto assente. Semmai è intermittente. Enfatizza alcuni aspetti, come per esempio l’andamento delle Borse, e ne attenua altri, come appunto le vicende di “ordinaria corruzione” che riguardano gli esponenti della politica. La disparità di approccio può essere più o meno consapevole, ma il risultato è il medesimo. Una manipolazione che tende a passare inosservata, e che però è assidua. Tanto più efficace quanto più la si ripete. Tanto più insidiosa quanto meno la si nota. 
Così, ieri mattina, le due notizie sono state date quasi distrattamente. Che volete che sia? Il vice presidente della Lombardia accusato di corruzione, mentre il suo collega Penati è già sotto inchiesta da un pezzo, e un giudice legato mani e piedi alla criminalità organizzata. Cose che sono già accadute. Che continuano ad accadere. La politica e le pubbliche istituzioni scivolano nella cronaca, e lì sprofondano. Lì ristagnano. Invece di risaltare in tutta la sua gravità, il tradimento del bene comune, e quindi dell’intero popolo italiano, decade a fatto secondario. Di cronaca, appunto. Com’è noto, del resto, non bisogna generalizzare. E attendere fiduciosamente che l’iter giudiziario si svolga e arrivi fino in fondo, prescrizione permettendo.  
Il primo nemico della consapevolezza non è la semplice ignoranza. È l’abitudine. Anzi, l’assuefazione.

Federico Zamboni