mercoledì 2 marzo 2016

IL BLUFF DEL #JOBSACT

«È una giornata storica, un giorno atteso per molti anni da un’intera generazione che ha visto la politica fare la guerra ai precari ma non al precariato: superiamo l’articolo 18 e i co.co.co., nessuno sarà più lasciato solo, ci saranno più tutele per chi perde il posto e parole come mutuo, ferie, diritti e buonuscita entrano nel vocabolario di una generazione che ne era stata esclusa»
Le parole pronunciate da Matteo Renzi, presidente del Consiglio dei Ministri della Repubblica Italiana dal 22 febbraio 2014, al via libera dei primi due degli otto decreti attuativi del Jobs Act, suonano come autentica propaganda. Risultavano tali già durante la conferenza stampa nella quale sono state pronunciate, e lo risultano ancora più chiaramente oggi, mentre la nuova legge sul lavoro dispiega i suoi effetti. Lo diciamo subito: il precariato è la regola, i contratti capestro sono ancora facilmente applicabili grazie alle mille deroghe inserite nei decreti, la cassa integrazione non è più per tutti gli ex dipendenti, la concessione di un mutuo è quasi del tutto esclusa con un contratto a tutele crescenti - che in quanto tale non garantisce la continuità del reddito - i diritti sono stati calpestati alla luce del sole e sacrificati sull’altare della convenienza delle aziende. 
«Abbiamo tolto ogni alibi a chi dice che in Italia non ci sono le condizioni per assumere» ha concluso quel giorno il Premier, presupponendo che farsi carico a livello pubblico di sgravi fiscali che non garantiscono il mantenimento del posto di lavoro sia una buona idea. In questa farsa al rilancio economico della Penisola, a fare le spese della situazione sono i lavoratori. Al dipendente viene lasciata la facoltà di rivolgersi al giudice per poter accedere, in caso di licenziamento “ingiustificato”, a un risarcimento in denaro - con tutto quello che comporta in termini di tempi, opportunità e rischi. Una cifra comunque prefissata, e in ogni caso ben inferiore al valore degli sgravi fiscali di cui le aziende godono al momento dell’assunzione. I conti tornano insomma, per le aziende. Per i lavoratori e per lo Stato stesso, invece, non tornano affatto.
Sommario:
Introduzione



La genesi del furto




La mannaia di Fornero




Le modifiche e le (finte) lotte parlamentari




Cos’è cambiato sul serio




I co.co.co. ci sono ancora, eccome




E ora un po’ di conti




Prime assunzioni (e primi licenziamenti)




Non si tratta di nuova occupazione




How-To lavoratori: come difendersi




Note




Bibliografia




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