martedì 1 aprile 2014

Eppure qualcosa si muove (?)

Qualcosa si muove. Campeggia al centro delle testate giornalistiche e riempie le bocche degli editorialisti: il tasso di disoccupazione è, di nuovo, aumentato. 
E adesso, a febbraio 2014, siamo arrivati, cifra dopo cifra, record dopo record, al 13%. Un numero che nasconde 3,3 milioni di persone che, in soldoni, significano circa il doppio delle famiglie.

E allora perchè "qualcosa si muove"? Chi mi conosce lo sa: non mi darò a ridicole previsioni di ripresa, nè a previsioni del futuro intrise di un ottimismo che, in quando completamente scollato dalla realtà, non ha motivo - nemmeno psicologico - di aver seguito. 
Quel qualcosa che "si muove" è intorno a noi. Lontani da una vera e propria presa di coscenza, gli italiani stanno smettendo di ridere, di dividersi in fazioni belligeranti a favore di quella o l'altra politica. Spesso non sanno ancora come e perchè, ma si guardano intorno e vedono, si accorgono per la prima volta che c'è il deserto. 

Nel 2013 i suicidi per motivi economici - o meglio quelli la cui causa è stato accertato siano tali motivi - sono stati 149: uno ogni due giorni e mezzo. Come dire: giorni dispari, festivi esclusi. Poco prima del baratro, c'è la disperazione. A segnalarla i piccoli furti, quelli "per fame" che sono aumentati negli ultimi tre anni del 65% per 3 miliardi di merci portate via dagli scaffali dei supermercati senza passare dalla cassa. Proprio da quei supermercati che in qualche modo simboleggiano il consumo, il marketing, la produzione dell'inessenziale. La violenza aumenta, nei giovani come risposta alla mancanza di basi dalle quali crescere, negli adulti come sfogo di una rabbia senza padrone.

I politici fanno la loro, promettendo "più lavoro per tutti" ma nel contempo firmano per far avere agli italiani - quelli che non vengono costretti ad aprire partita iva - contratti traballanti nei quali in meno ore devono produrre sempre di più e, nemmeno a dirlo, a una paga più bassa. La ricetta, a vederla con gli occhi della decrescita, potrebbe quasi sembrare buona ma dovrebbe garantire un reddito minimo di sussistenza - cosa che già non accade nel 12% dei casi con i lavori "a tempo pieno", e la dignità e il rispetto dovuto a chi lavora, non il ricatto del mancato rinnovo del contratto a discapito della qualità e a favore di una quantità sempre maggiore di mansioni.

Eppure qualcosa si muove. I sindacati sbraidano contro l'ultimo decreto, Confindustria sorride sotto i baffi, il presidente di turno si prepara alla prossima campagna elettorale. Ma in numero sempre maggiore la gente si ferma a guardarli (ancora) e dentro di sè pensa: "...chiacchiere". 

Sara Santolini 

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