martedì 4 ottobre 2011

Barletta: minimo sforzo e maggior danno

Ieri è crollata una palazzina in via Roma, a Barletta. Il fatto in sé, senza nulla togliere alla gravità della tragedia delle famiglie delle vittime, sarebbe relegabile alla semplice cronaca se non fornisse l’ennesimo esempio di come vengono condotte le cose in Italia. 
L’indagine in corso dovrà capire di chi sono le responsabilità dell’accaduto, ma in buona sostanza sarà difficile decidere chi è responsabile di disastro e omicidio colposo. Parleranno tutti di casualità, di “stato dell’edificio” - pieno di crepe e a rischio da almeno un anno per l’abbattimento di una palazzina adiacente - non allarmante all’ultima perizia, che pure c’era stata la mattina stessa del crollo. 
Il problema è che non si tratta di un caso: in questo Paese le cose vengono fatte al minimo sforzo e al maggior danno. È stato così a L’Aquila, la città sempre in attesa di ricostruzione dove le macerie hanno messo a nudo metodi di costruzione a risparmio ed è ancora in corso il processo per omicidio, lesioni e disastro colposo. È così a Pompei, dove si perdono beni inestimabili ma non si investe seriamente in prevenzione e risanamento delle strutture da anni. Ed è così anche in tutte quelle scuole dotate di bagni e palestre inagibili e della totale mancanza di scale antincendio e uscite d’emergenza. Per questo quando Bruxelles chiede a ragione all’Italia di adeguarsi (addirittura) alla legislazione sull’efficenza energetica degli edifici - che significherebbe adeguarli a parametri di risparmio energetico, certificarli, controllarli e ispezionarli regolarmente - è come parlasse al vuoto.

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