lunedì 26 luglio 2010

Fiat in Serbia: dov'è la novità?

4 commenti:

Charlie 10 ha detto...

Ben trovata!
Come al solito la cosa si può vedere da più punti di vista...
Un paio di anni fa Marchionne dichiarò ad un'assemblea di azionisti che Fiat sarebbe andata a produrre dove sarebbe stata "bene accolta" (leggi: aiuti di stato).
In questo caso "l'aiutino" viene dalla Serbia e la decisione di andare a produrre lì, come giustamente hai notato, è vecchiotta.

Se non ci fosse stata la cassa di risonanza di Pomigliano, la faccenda della Serbia avrebbe avuto la stessa connotazione mediatica? In realtà si sta tentando di far passare come "politica" una decisione "imprenditoriale", peraltro nemmeno innovativa...

A me, personalmente, Marchionne non piace... mi ricorda, in alcuni atteggiamenti particolarmente decisionisti, il Gardini del tempo che fu.
Il problema è che, ad oggi, aziende di questa complessità, anche geografica, si governano in questo modo: Volkswagen, ad esempio, incurante del tasso di disoccupazione tedesco, produce particolari e moduli delle proprie auto all'estero (lo fa da sempre: pensa alla Seat). In quel caso, non c'è nessuna intromissione da parte del Governo tedesco, che però non ha elargito in passato finanziamenti alla VW come hanno fatto i Governi italiani con la Fiat.

Tieni presente che la Fiat rappresenta la punta di un iceberg immenso: molte aziende, anche piccole, sia per la crisi che per voglia di incrementare i margini, si sono rivolti all'estero, soprattutto nell'Europa dell'Est e nel Far East. Ricorda le inchieste sul "made in Italy" nell'artigianato... e potrei andare avanti a lungo.

In ogni caso... brava, brava brava! (anche per la paella...)

P.S.: il post ha qualche problema di lettura: il collegamento ipertestuale mi rimanda a "il Ribelle", ma non mi fa leggere tutto

Sara Santolini ha detto...

Salve Charlie10, benvenuto!

Hai ragione, che la decisione è imprenditoriale più che politica - eccome! E certo in questo modello di sviluppo non c'è niente da fare, non possiamo che constatare con amarezza lo stato delle cose.

Il problema, forse, è che in Italia la politica invischia, controlla (o cerca di controllare), giudica (o finge di giudicare) tutto il resto.

Grazie per il commento di analisi, molto gradito.
A presto

P.S. purtroppo questo articolo, come altri che troverai nel blog, è stato pubblicato sulla rivista online (a pagamento) a cui rimanda il link: per questo almeno per ora non posso pubblicarlo qui integralmente. "Roaming" e altri miei articoli (ora penserò a un'etichetta speciale, grazie per avermelo fatto notare) invece sono liberi.

Charlie 10 ha detto...

Purtroppo hai pienamente ragione, sul rapporto di collusione tra politica ed imprenditoria, anche se la sensazione è che sia l'imprenditoria a "tirare le fila" della politica, e non viceversa...
E siccome la maggior parte delle imprese è nelle mani, direttamente o indirettamente, delle banche o delle finanziarie... le conclusioni puoi tirarle da sola!

Domanda delle cento pistole: Secondo te, chi manovra chi tra:
1 - "Berlusconi, Tremonti, Bossi, ecc.",
2 - "Marcegaglia, Montezemolo, Marchionne, ecc.",
3 - "Profumo, Geronzi, Passera, ecc.",
4 - Altri soggetti (occulti) a scelta?

Non mi considero un "complottista" alla David Icke, ma gli interess in gioco sono tali che non mi sento di escludere nulla a priori.

Buon divertimento...

Sara Santolini ha detto...

No, neanch'io sono "complottista", né credo di poter fare una lista di "chi manovra chi" (sorry).

Credo piuttosto che i tratti di equilibrio fra interessi. Nonostante questo mi sento di dire che credo che l'interesse economico (quella dei gruppi di pressione) abbia da tempo fagocitato la politica.

(p.s. noncipossocrederesiamodaccordo)