martedì 18 gennaio 2011

Ué, leghisti: quelli lì van censurati!


Demagogia di infimo ordine ma non per questo meno insidiosa. Un assessore della Provincia di Venezia sollecita l’ostracismo contro chi si disse a favore di Cesare Battisti
di Sara Santolini

Raffaele Speranzon, assessore allo sport, alla cultura e alle politiche giovanili della Provincia di Venezia, iscritto prima al MSI, poi ad An e infine nelle liste del Pdl, ha avuto ieri il suo minuto di gloria. Era già stato notato dai giornali dediti al gossip per la sua amicizia con la Arcuri ma adesso, finalmente, è sotto i riflettori non per le compagnie che frequenta ma per le cose che dice. Da bravo politico.
Speranzon, che sul sito del Comune di Venezia viene descritto come un giovane che «ha partecipato a decine di assemblee (spesso senza essere invitato…) nelle scuole della provincia», probabilmente con l’intento di sottolineare il suo attivismo politico, ha presentato ieri al Municipio, riprendendola da un consigliere leghista di Martellago, Paride Costa, una proposta che, oltre a essere aberrante, non gli compete. Obiettivo: attuare un vero e proprio boicottaggio delle opere di tutti quegli scrittori che nel 2004, quando Cesare Battisti fu arrestato in Francia, firmarono una petizione per il suo rilascio.«Scriverò agli assessori alla Cultura dei comuni del veneziano – ha tuonato Lorenzon – perché queste persone siano dichiarate sgradite e chiederò loro, dato anche che le biblioteche civiche sono inserite in un sistema provinciale, che le loro opere vengano ritirate dagli scaffali: è necessario un segnale forte dalla politica per condannare il comportamento di questi intellettuali che spalleggiano un terrorista». Poi ha rincarato la dose chiamando tutti a prendere posizione: «ogni Comune potrà agire come crede, ma dovrà assumersene le responsabilità». 
Non è la prima volta, che succede qualcosa del genere. Altri tentativi analoghi sono già saliti all'onore delle cronache, a volte promossi da politici del partito berlusconiano “dell’amore” e “della libertà”, e più spesso da leghisti, che fanno dell’autodeterminazione dei popoli un loro vessillo ma che tendono a non rispettare, nei fatti, la libertà di esprimersi di chiunque non sia d’accordo con loro. È il caso di Morgan, che ha pagato le sue ammissioni sull’uso della cocaina con il niet nei confronti del suo concerto al Teatro Romano di Verona da parte del sindaco Flavio Tosi, il politico leghista già noto per le sue vicende giuridiche legate alla promozione di sua moglie a una carica dirigenziale per la quale pare non solo che lei non abbia un titolo di studio adeguato ma che nemmeno sia stato indetto un concorso. Oppure quello di Marilyn Manson, al centro delle polemiche sul possibile divieto del concerto milanese al Mazda Palace di qualche anno fa, alle quali però buona parte dei consiglieri aveva giustamente obiettato che «ognuno di noi può avere l'opinione che preferisce su Marilyn Manson, ma vietare un concerto, per di più in un luogo privato, è un atteggiamento illiberale, è un gravissimo gesto di censura culturale».
Queste iniziative, del resto, dovrebbero essere escluse a priori. Come non dovrebbe sfuggire a chi abbia fatto della politica un mestiere, la funzione amministrativa e quella legislativa non coincidono. Un sindaco, un assessore, un consigliere e chiunque abbia un mandato della stessa natura, non può creare delle leggi a suo piacimento, ma limitarsi a operare nel rispetto di quelle esistenti. Dare giudizi morali o di merito su questo o quel libro, spettacolo, cantante o autore, fino a promuoverne la censura, non rientra nelle sue competenze. Che hanno invece lo scopo di far sì che ogni cosa si svolga nel rispetto della convivenza civile e delle leggi. 
A meno che non ci siano effettivi e insormontabili problemi di ordine pubblico, non c’è alcun motivo per cui una manifestazione, una presentazione di un libro o un evento non abbiano luogo. Indipendentemente dal fatto che i loro contenuti piacciano o meno al sindaco di turno. Il potere legislativo, a norma degli articoli 70 e 117 della Costituzione, spetta sostanzialmente al Parlamento e, in maniera residuale, alle Regioni. Detto questo, bisogna ricordare che nemmeno questi soggetti possono legiferare in contrasto con la Costituzione, che per essere modificata ha bisogno di un procedimento particolare e più complesso. Quanto alla censura, almeno per ora continua ad essere anticostituzionale. L’articolo 21 recita: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”. Chiaramente tale diritto implica l’impossibilità di subire minacce o altre conseguenze negative, a maggior ragione se da parte delle pubbliche istituzioni, per l’aver esercitato tale libertà.
La censura è censura, e non basta qualche equilibrismo verbale per renderla più accettabile. Nonostante Speranzon si rifiuti di chiamare così la sua proposta e anzi affermi che «l’iniziativa serva per non far passare sotto silenzio il caso-Battisti, nel rispetto dei familiari delle vittime che hanno perso i loro cari e della giustizia», la sostanza non cambia. Lo scopo è colpire chi ha semplicemente espresso la propria opinione (sgradita) allo scopo di scoraggiare altri da riprovarci in futuro. Ed è l’ennesima manifestazione di una deriva moralista - e non certo etica. Con l’aggravante, nel caso specifico, di strumentalizzare il dolore delle vittime come difesa preventiva contro ogni tipo di critica. 

Sara Santolini

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