martedì 17 agosto 2010

L'estate della politica

Ormai in Italia sembra "normale" che il governo voglia affrettarsi a far passare una legge che salverà i corrotti, i corruttori, gli spacciatori e quant'altro da qualsiasi tipo di intercettazione - e dunque dalla possibilità di essere scoperti - che tapperà la bocca a quei pochi giornalisti che hanno ancora voglia di fare il loro lavoro, che danneggerà la possibilità di indagine dei magistrati, che prevederà pene pesanti per la pubblicazione sia per editori che per giornalisti. Probabilmente, dunque, ancora per poco ci stupiremo dei "mezzucci" legati ai tempi di approvazione delle leggi che si utilizzano in questo Paese. Perché di questo si tratta. 

D'estate cala l'attenzione dell'opinione pubblica, la gente va in vacanza - chi ancora può - e la stampa spesso si da a speciali sul dimagrimento, la tintarella e le mete esotiche dei vip. Inoltre quest'anno c'è anche il Mondiale di calcio, padre di tutte le distrazioni. 

È forse per motivazioni simili che tutti gli anni dobbiamo subire una "manovra d'estate". L'anno scorso i provvedimenti anticrisi, inseriti in un decreto legge del luglio 2009, sono stati convertiti in legge il 3 agosto, e affiancati alla proroga dei termini della partecipazione italiana alle cosiddette missioni internazionali - il che significa risorse per l'impiego di circa 8600 unità militari. E allo stesso modo l'anno prima, sempre d'estate, l'entrata in vigore della Class Action* in Italia fu prorogata dal 29 giugno 2008 al 1 gennaio 2009 (e successivamente fino al gennaio 2010), autorizzata una spesa di ben 1486 milioni di euro per l'Expo Milano 2015 e prevista la realizzazione di impianti di produzione di energia nucleare (nonostante il risultato contrario dell'ultimo referendum in materia). Lo stesso, tristemente noto, lodo Alfano è stato approvato, prima di essere dichiarato incostituzionale, in estate, nel luglio 2008. 

Questa di interpretare la fretta del Premier a far passare il ddl sulle intercettazioni "entro l'estate" come una urgenza del Paese è una cosa al limite del ridicolo. Non fosse altro perché in Italia c'è l'emergenza disoccupazione, quella pensioni, quella dei rifiuti, quella della ricostruzione de L'Aquila, quella della manovra finanziaria a farla da padrona. Senza contare il fatto che, in Italia, un'emergenza vera cui anche il governo è particolarmente sensibile - quella della giustizia - c'è, eccome. Ma è un'emergenza tutta diversa da quella raccontataci dalla nostra classe dirigente. Perché i cittadini onesti di questo Paese non hanno alcuna fretta di vedere come, per l'ennesima volta, la "cricca" la farà franca. Non ha alcuna necessità di una nuova legge - a "rischio" incostituzionalità - che non permetta ai giudici di effettuare intercettazioni. Al contrario. L'emergenza "giustizia" in questo Paese è ben diversa. È, ad esempio, quella di non vedere condannati definitivi - cioè gente la cui colpevolezza è stata appurata dalla magistratura - al Parlamento. Non dimentichiamo che ce ne sono ben 19, tra Camera e Senato. Basta citare Ciarrapico, condannato per sfruttamento del lavoro minorile, bancarotta fraudolenta (nel famoso caso del Banco Ambrosiano), truffa pluriaggravata, falso in bilancio e truffa; Umberto Bossi, condannato per finanziamento illecito, oltre che istigazione a delinquere e vilipendio alla bandiera; Marcello Dell'Utri, condannato per falso in bilancio e frode fiscale; Giuseppe Drago - la cui pena prevederebbe l'interdizione perpetua dai pubblici uffici - condannato per peculato e Antonio Papania, colpevole di abuso d'ufficio. Si tratta solo di esempi. Esempi che danno la misura dell'emergenza giustizia che ci affligge. Tempi troppo lunghi, che permettono a corrotti e corruttori di farla franca grazie alla prescrizione - come, ad esempio, nel caso dell'avvocato Mills e il suo notissimo corruttore - e una legge senza forza di fronte a mille immunità, dei parlamentari, del presidente della Repubblica, dei religiosi, diplomatica. 



*azione collettiva a tutela dei propri diritti per danni o inadempienze contrattuali da parte delle aziende

1 commento:

Charlie 10 ha detto...

A mio parere le questioni che tiri in ballo "rimbalzano" in buona parte le posizioni assunte da Futuro e Libertà, il gruppo parlamentare vicino a Fini.
Indipendentemente dall'opinione che si può avere su questa scissione, mi preme sottolineare alcuni aspetti che la vicenda, direttamente o indirettamente, ha tirato fuori:
- Questione politica: il gruppo di Futuro e Libertà ha di gran lunga superato l'opposizione nel richiedere a gran voce che la maggioranza rispetti gli impegni presi, e che si dedichi con maggior attenzione alle reali esigenze del Paese... Le questioni poste da Fini&Co sono in massima parte di natura politica...Questo da una certa misura della passività dell'opposizione (e della stampa ad essa vicina), che spesso si accanisce in polemiche sterili contro la sola figura di Berlusconi, con il rischio di farlo passare per martire...

Questione politica 2: si sta sottovalutando l'azione capillare che la Lega sta svolgendo al Nord: non passa settimana che Bossi non inauguri una nuova sezione, anche in Comuni di poche centinaia di abitanti, in modo da diffondere il Verbo padano in tutti i dialetti possibili. In quelle circostanze, negli incontri di piazza, il messaggio che passa non è quello istituzionale di Bossi e Calderoli, ma quello del leghista estremo. Per capire l'appeal che questa situzione riscontra si può usare un metodo indiretto: basta guardare gli ascolti e gli introiti pubblicitari di Radio Padania (quella che, per intendersi, tifava contro l'Italia ai Mondiali, e di cui è ospite fisso l'europarlamentare Salvini). Risultato? Un successone!

- Questione mediatica: la vicenda Fini ha portato alla luce la pratica del "dossieraggio", che oltre ad essere squallido, fornisce un'idea del "sistema stampa" non proprio cristallina...
Che strumenti ha l'Ordine dei giornalisti per tutelarsi dai Cavalieri del "metodo Boffo"?
Io penso che sia prioritario che si tuteli, oltre alla libertà di stampa, anche la "verità di stampa" come diritto/dovere sacrosanto, al di fuori del quale non esiste la professione di giornalista.

Un abbraccio