sabato 4 settembre 2010

La legge è (dis)uguale per tutti - la salva Mondadori

Il 19 agosto la Repubblica ha pubblicato un articolo a firma Massimo Giannini sullo scandalo del provvedimento ad hoc per salvare dal fisco la Mondadori.

Da allora la mancanza di credibilità del Premier e l'amarezza per la manovra finanziaria, che metterà le mani nelle tasche degli italiani già provati dalla crisi, è ancora più pungente. Non che si tratti di una notizia nuova (la conversione in legge del decreto ad hoc è del 22 maggio scorso) ma è solo ora che la questione ha trovato spazio nelle parole del governo e dell'opposizione.

La somma dovuta al Fisco dalla Mondadori è di circa 350milioni di euro tra imposte non versate, interessi, more e sanzioni accessorie. Il tutto accumulato a partire dal 1991, quando Berlusconi pensò bene di avviare una fusione tra la Arnoldo Mondadori Editore e la Arnoldo Mondadori Editore Finanziaria al fine di nascondere al Fisco parte degli utili e pagare così meno tasse.  Da allora, grazie allo studio tributario di Tremonti, Berlusconi ancora non scuce un centesimo. Apre un contenzioso e vince in primo e secondo grado fino al 2008, quando l'Agenzia delle Entrate presenta ricorso alla Cassazione. 

Fin qui non ci sarebbe nulla di strano: un imprenditore ha un contenzioso con il Fisco e attende di essere dichiarato innocente o colpevole - nel qual caso dovrà pagare le tasse con mora e tutto il resto. Ma Berlusconi, al solito, non è un cittadino come tutti gli altri. 

Nel 2008, proprio alla presentazione del ricorso da parte dell'Agenzia delle Entrate, Alfano presentò, all'interno del "pacchetto giustizia", una norma sulla "definizione agevolata delle liti tributarie" che prevedeva, guarda caso, per il contribuente che ha ricevuto parere favorevole in primo e secondo grado, la possibilità di pagare il 5% del dovuto senza aspettare la sentenza della Cassazione e pulendosi così la coscienza. Ma il pacchetto non passò e così Berlusconi fu costretto a cercare di infilare la norma nella Finanziaria 2009, senza riuscirci, finché, il 28 aprile 2010, durante una seduta notturna, il Pdl non incluse, con emendamento, la norma salva Mondadori nel "decreto incentivi". 

Non importa che anche Napolitano - persino lui - avesse sollevato dubbi sulla necessità e urgenza - per il Paese, non per il premier - di alcuni emendamenti tra cui, appunto, il salva Mondadori: non c'è scandalo in Italia se, a fronte di una manovra finanziaria di "lacrime e sangue", il presidente del Consiglio, e uno degli uomini più ricchi d'Italia, può permettersi di pagare il 5% (per un totale di soli 8,6milioni) delle tasse dovute (173milioni) al netto della mora, degli interessi, delle sanzioni che avrebbe dovuto versare alle casse di questo Paese.

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