martedì 12 ottobre 2010

A La Russa piace vincere facile

Altri quattro morti italiani, in Afganistan, e qui da noi va in scena il solito copione del dolore e persino dello sgomento, come se la morte dei soldati in un teatro di guerra non fosse la conseguenza naturale, e pressoché inevitabile, del loro dispiegamento in un territorio ostile. Tutti commossi e palesemente, soffertamente, pensosi. Dal Capo dello Stato all’ultimo degli annunciatori televisivi. Tutti affranti, all’apparenza. Tutti imperturbabili, nella sostanza. Gran bei discorsi: nonostante queste tragedie terremo fede agli impegni. Ovvio: la fermezza non costa nulla, quando la si pratica sulla pelle degli altri. Partono gli Alpini, mica i ministri o i sottosegretari. Crepano i paracadutisti, mica i parlamentari della maggioranza o della (finta) opposizione.
Questa volta, però, il copione ha una scenetta aggiuntiva. Dalla massa dei dolenti emerge il ministro della Difesa, il risoluto Ignazio La Russa, e sfodera la sua proposta: dotare i nostri cacciabombardieri di... bombe. Chi non è addentro alle vicende militari afgane potrebbe sorprendersi. Che i cacciabombardieri siano dotati di bombe sembrerebbe lapalissiano. Invece non lo è. «Per mia decisione – ricorda La Russa – si è stabilito che i caccia venissero utilizzati soltanto con il cannoncino di bordo, quindi l’Italia ha gli aerei senza le bombe. Ho ritenuto che potessimo farne a meno perché vi è comunque rischio di mettere a repentaglio vite civili: per questo ho pensato finora di dire no». Risoluto, ma sensibile. In effetti sarebbe un peccato che anche noi cominciassimo a sterminare i civili, come gli statunitensi vanno facendo da un pezzo. Sensibile, ma risoluto. Pronto ad accantonare il suo buon cuore e a imporsi le scelte più dure, laddove le circostanze lo esigano: «Visto il dolore enorme che provoca ogni morte, non me la sento più di assumere questa decisione da solo, di fronte a quello che sta avvenendo: chiedo alle Camere di decidere»
In altre parole: fate i bravi e ditemi di sì, che non vedo l’ora di caricare gli aerei di bombe e di scaricarle – nel sereno e costruttivo spirito di cooperazione che, come tutti sanno, anima le missioni di pace occidentali – sulla testa degli afgani, i quali sapranno apprezzare certamente questa ulteriore forma di aiuto sotto l’egida della Nato. Lunga è la via che conduce dalla barbarie tribale alla civiltà democratica, e una spintarella in più fa sempre comodo. Ci saranno anche delle vittime innocenti, ahinoi, ma il loro sacrificio non sarà stato vano, se il Paese si riempirà di fast-food e di outlet, di autostrade e di tivù commerciali, di ipermercati e di multisale. 
Proprio per accelerare i tempi, quindi, La Russa ipotizza il ritorno ai bombardamenti. Che, bisogna riconoscerlo, hanno diversi vantaggi: a cominciare dal fatto che assai difficilmente chi sta a terra ha modo di colpire chi sta in aria. Finalmente, perciò, i nostri soldati (anzi: “costruttori di pace”, come li chiamano i commentatori più attenti e come titolava, un paio di giorni fa, il quotidiano della Cei L’Avvenire) correranno meno rischi. Il numero dei caduti diminuirà, o si annullerà del tutto, e l’Italia intera potrà godersi il proprio ruolo di benefattrice internazionale con la serenità che le compete. 
Perché diciamo la verità: noi i nostri militari li mandiamo volentieri, ma se poi ce li ammazzano ci restiamo male. Bisognerà che chiediamo al Pentagono a che punto sono, con i robot che sostituiscono i soldati in carne e ossa. La guerra come un videogame. E c’è da scommettere che La Russa sarebbe il primo, con in mano il joystick.

Federico Zamboni

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