sabato 9 ottobre 2010

Nobel alla fecondazione in vitro.

Al di là di motivi di ordine etico, o bio-etico, come in questo caso, l'assegnazione del Nobel per la medicina allo scienziato britannico Edwards, inventore, di fatto, della fecondazione in vitro, rimanda necessariamente a una riflessione di carattere generale. Riflessione i cui risultati naturalmente lasciamo al lettore. Ma il tema, sintetizzando, è il seguente: posto che la scienza va sempre avanti - e verso dove? - è sempre giusto applicare ciò che essa riesce a scoprire?
Beninteso, sull'assegnazione dei premi Nobel stessi è in corso, praticamente da sempre, una discussione tutt'altro che superflua. Uno degli ultimi casi in ordine di tempo, come si ricorderà, è rappresentato da quello per la pace assegnato a Obama, ovvero il Presidente di uno degli stati più guerrafondai del mondo (con armi e senza) dall'inizio, con la loro istituzione mediante genocidio degli indiani sino ai giorni nostri e, a quanto pare, anche quelli futuri. 
Ma quello odierno impone ulteriori riflessioni non solo nel merito ma, appunto, anche nel metodo di scelta. E questo ben al di là dell'intervento del Vaticano sulla questione. È chiaro che il Vaticano possa dire ciò che vuole, così come chiunque altro, ed è chiaro che alle sue parole vada dato il peso che merita una esternazione proveniente da una istituzione che rappresenta una buona percentuale di persone, nel mondo. Ma non di più. Ma è chiaro altresì che tutto il resto del discorso vada necessariamente spostato sul piano laico con il quale si debbono affrontare gli argomenti.
Nel caso specifico, tuttavia, il Nobel è stato assegnato a chi è andato a toccare uno dei due limiti umani della nostra esistenza: la nascita (l'altro è la morte). Anche in modo del tutto scevro da condizionamenti religiosi di ogni tipo, è su un piano prettamente spirituale (ripetiamo a-religioso) che ognuno dovrebbe interrogarsi. Tra la nascita e la morte possiamo restare nell'ambito del tangibile, nell'ambito di ciò che possiamo anche considerare alla mercé delle nostre possibilità. E possiamo scegliere se applicare tutto ciò che la scienza e la tecnica consentono o meno. Oltre questi limiti, ovvero prima e dopo, il campo non è più tecnico e scientifico, fisico. È letteralmente, oltre noi, metafisico.
Alla modificazione anche di ciò che è oltre noi tende la scienza attuale, con una ipertrofia dell'ego che non ha eguali nella storia. È il rischio supremo di andare a sondare e intervenire in un terreno veramente altro. 
Tutte le interminabili discussioni (non solo in Italia) attorno al tema della fecondazione assistita e in vitro, affrontate dal punto di vista economico (se non la permettiamo da noi il business sarà raggiunto comunque altrove) ed etico (è giusto o meno intervenire in tale ambito) ruotano di fatto attorno a una semplice domanda: vogliamo, anche riuscendo, ovvero potendolo tecnicamente fare, andare a intervenire anche oltre i limiti di nascita e morte che sono propri alla nostra specie?
È in sostanza il tema dei limiti. Di volerli oltrepassare, o di volerli rispettare.
Ognuno dia la sua risposta. Inutile aspettarla dalla scienza: essa va avanti in modo cieco per fare luce. Superfluo riferirsi alla religione: nel caso, a quale? Sbagliato domandarla alla politica attuale: legge il fenomeno solo dal punto di vista economico. 
L'unico criterio da utilizzare è dunque quello personale e spirituale. Ammesso che qualcosa di spirituale sia ancora rimasto nelle persone che vivono la nostra modernità nichilista. Perché le leggi di uno Stato, se sono espressione della sua visione del mondo, ovvero di quella dei suoi cittadini, non sono poca cosa. E un Nobel, a livello mondiale, ha comunque un valore simbolico e mediatico elevato.
A Massimo Fini andare oltre quei limiti fa orrore, e fa orrore ancora prima il fatto che l'uomo voglia tentare di andarci. Chi scrive, più modestamente, pensa che quei limiti non vadano superati, figuriamoci tentare di andare ben oltre. Si resta, come si vede, nel campo delle opinioni, come è giusto che sia. Ognuno le proprie. Ma è decisivo averne, in merito. Qualunque esse siano. Altrimenti si è spettatori inutili di tutto. 
Valerio Lo Monaco

Nessun commento: