martedì 16 novembre 2010

Il boomerang della Cassa integrazione

da "La Voce del Ribelle":


La copertura a carico dell’Inps ha ormai superato il miliardo di ore e interessa circa 600 mila lavoratori. Un fiume di soldi che serve a nascondere la portata della crisi


La Cassa integrazione, fra ordinaria, straordinaria e in deroga, ha superato nel mese di ottobre il miliardo di ore autorizzate dall’Inps. Secondo i dati dell'Osservatorio Cig del dipartimento Settori produttivi della Cgil Nazionale, infatti, il numero complessivo di ore, che vede un incremento del 44,2% rispetto al 2009, è arrivato a quota 1.026.479.655, e riguarda circa 600mila lavoratori. Se poi ci mettiamo a leggere gli indicatori economici, le tendenze politico-imprenditoriali, e l’impoverimento progressivo del Paese, vediamo che per molti di questi 600mila il rischio è quello di una lenta agonia.


Innanzitutto, gli indicatori legati alla produzione industriale, agli aumenti di fatturato e delle esportazioni corrono ormai da qualche tempo come se non fossero più legati alla forza lavoro utilizzata. È come se il problema occupazionale e il guadagno d’impresa fossero diventati inversamente proporzionali. Dopo l’esplosione della crisi ci troviamo davanti ad una realtà che sembra poter fare tranquillamente a meno di centinaia di migliaia di lavoratori, ottenendo comunque risultati economici significativi per quei pochi che appartengono alle categorie degli imprenditori e dei dirigenti. E che hanno iniziato a pretendere riforme del lavoro ricorrendo serenamente anche all’arma del ricatto, vedi Pomigliano.


Per quanto concerne il governo (e non ci riferiamo solo all’ultimo) è purtroppo palese che il ricorso alla cassa integrazione serve a nascondere molte cose – lo sfacelo occupazionale del Paese, l’assenza di politiche del lavoro, la deriva tra redditi e costo della vita – e a scaricare sulla collettività i vizi del sistema economico e le deficienze della classe dirigente. Al contempo Palazzo Chigi risulta sempre curiosamente disattento nel colpire l’evasione fiscale, quando basta incrociare due dati su Internet per capire molte cose.


Ad esempio, nel 2009 sono state comprate 206 mila auto di lusso, vale a dire con un prezzo medio poco superiore ai 100 mila euro, quando solo 77 mila contribuenti hanno dichiarato un reddito maggiore di 200 mila euro lordi. D’altra parte, il nostro stesso premier ha affermato di provare vergogna a leggere certe dichiarazioni dei redditi, quindi la consapevolezza c’è. E chissà come avrà passato il fine settimana, dopo aver letto che nel 2009 ha dichiarato più di 35mila euro all’anno solo il 13 per cento dei contribuenti, a fronte di un totale di 41,8 milioni, mentre quasi 11 milioni non hanno versato un bel niente.


È fin troppo chiaro che con questa disinvoltura fiscale è destinato ad aumentare ancora il peso sulle spalle dei lavoratori dipendenti, che supportano anche le quote destinate al welfare e, quindi, anche alla cassa integrazione. In tale scenario, paradossalmente, l’esistenza di ammortizzatori sociali come la Cig, la mobilità e altro rischia di diventare un drammatico boomerang proprio ai danni della popolazione che vive di lavoro subordinato. Scaricando sulla collettività i costi della manodopera ormai “inutile”, infatti, si avvantaggia sia quella parte del padronato che virtuosa non è, sia quella parte dei dipendenti che preferiscono sommare la cassa integrazione ai compensi di un’attività in nero, piuttosto che tornare a un posto di lavoro che li impegni a tempo pieno.


Nella situazione attuale, dunque, l’utilizzo reiterato di un ammortizzatore sociale come la Cig, abbinato all’assenza di programmi per risolvere le emergenze, rischia di innescare un meccanismo rovinoso sia per la ripresa lavorativa che per il futuro economico e sociale dell’intero Paese, tant’è che si è già levato l’allarme sulle pensioni per i lavoratori precari. In base al sistema contributivo, spesso non arriveranno alla pensione minima. Con conseguenze ovvie per tutti.


Massimo Frattin

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